Tradizioni natalizie sarde

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Un detto molto conosciuto in Italia dice: „Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. E infatti – anche in Sardegna – il Natale si trascorre con i propri cari.

Questo calore familiare è inteso qui non solo simbolicamente, ma anche molto letteralmente: in molte case il tempo viene trascorso accanto al camino, che spesso viene acceso con un pezzo di legno conservato appositamente per l’occasione.

Dovrebbe essere un tronco di grandi dimensioni perché, secondo la superstizione sarda, deve durare fino all’Epifania, il 6 gennaio: se il fuoco sopravvive e il tronco non si brucia completamente, il nuovo anno porterà salute e prosperità alla famiglia.

Dopo la cena della vigilia, la famiglia ascolta le storie delle generazioni più anziane davanti al camino o gioca ai giochi natalizi. Un tempo il fuoco della vigilia nel camino non serviva solo a riscaldare ed a creare l’atmosfera, ma anche a richiamare i pastori dalle montagne e le anime dei defunti dall’aldilà, per fare riunire tutta la famiglia in questo momento speciale.

Come in Polonia, le credenze sulla presenza degli antenati morti alla vigilia di Natale sono legate alle usanze precristiane che celebrano il solstizio d’inverno.

Gioco della tombola   Fot. Canva

In Sardegna le credenze popolari si mescolano fortemente con le tradizioni cristiane. Per esempio, la messa di mezzanotte della Vigilia di Natale, celebrata con campane e lumi di candela, è fonte di superstizione per le donne incinte.

Dovrebbero andarci se non vogliono perdere o dare alla luce un bambino malato. Si dice anche che i bambini nati la sera della vigilia, intorno a mezzanotte, saranno immuni da tutte le malattie, saranno longevi e non perderanno mai i capelli e i denti.

In alcune zone dell’isola si credeva che questi „bambini della vigilia di Natale” non fossero solo i campioni di salute, ma anche una protezione dalla sfortuna per le sette case vicine.

Malloreddus    Fot. Canva

In Sardegna il Natale non si celebra solo in chiesa, ma anche a casa. La festa più sontuosa è quella del primo giorno di Natale, il 25 dicembre.

In molte località della Sardegna, il maiale allo spiedo è il sinonimo del pasto natalizio. Più precisamente, un maialetto, del peso massimo di 6-7 chilogrammi, solitamente condito con mirto, timo, menta, pepe, zafferano.

Spesso viene servita anche la carne di agnello, i gamberi o il branzino. Il primo piatto è solitamente la pasta – a seconda della regione e delle tradizioni familiari – ad esempio con la bottarga, i malloreddus, nella versione più classica con la salsa di pomodoro e salsiccia, o i culurgiones – caratteristici ravioli sardi, con un ripieno a base di patate, formaggio di pecora e menta.

Da non perdere i formaggi e i salumi sardi come antipasto; su molte tavole si trovano anche l’insalata di polpo o le cozze. La frutta di stagione e i dolci completano il pasto. Oltre a quelli conosciuti in tutta Italia, come il torrone, il pandoro, o il panettone – con le noci e la frutta candita, ci sono anche molti dolci locali. Tra i più popolari ci sono il pan di sapa – un dolce a base di sciroppo di mosto d’uva bollito o le pabassinas – biscotti di pasta frolla con mosto, mandorle, noci, scorza di limone o arancia e miele.

Naturalmente non può mancare il vino e il liquore che corona la festa, di solito il mirto, il limoncello o un altro liquore a base di frutta ed erbe locali. In alcune zone della Sardegna circola una leggenda secondo la quale dalla tavola deve sparire tutto fino all’ultima briciola, altrimenti Maria Puntaborru – la strega – apparirà di notte per infilare uno spiedo nella pancia di chi non mangia.

Il maialino allo spiedo  Fot. Canva

La tavola di Natale è sempre splendidamente decorata e, oltre all’albero di Natale, in molte case sarde ci sono anche degli enormi presepi che raffigurano non solo il neonato Gesù con Maria e Giuseppe, ma anche gli angeli, i pastori e i loro animali, e persino l’intera Betlemme con i suoi abitanti – qualcuno che guarda fuori da una finestra, qualcuno che rammenda le scarpe, che pesca, che alimenta l’acqua di un mulino – c’è molto da vedere.

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